Nove è il numero delle ricorrenze, come nove sono gli anni in cui la parola mesotelioma riecheggia nella mente, come una sorta di spartiacque esistenziale, riconduce alla sensazione d’impotenza provata nel momento in cui questa malattia viene diagnosticata , il solo nominarla ne riprovoca il corto circuito dell’anima
Il 28 Aprile di ogni anno ricorre la giornata del ricordo delle vittime dell’amianto proposta nel 2005 dall’ABREA (associazione brasiliana esposti amianto) assunta e ribadita come tale dalla Prima Conferenza Europea sull’Amianto in concomitanza della Giornata Mondiale della Salute e della Sicurezza dei Luoghi di Lavoro.
“Tutto cominciò il 10 giugno del 2005.” Così inizia la testimonianza consapevole, v’è sempre una data che resta indelebile in ciascuna vittima dell’amianto e proseguiva ” la mia vita, la sua prospettiva cambiò, radicalmente e brutalmente” fino a spezzarne il progetto.
La ricorrenza, in concomitanza della Giornata della Salute e della Sicurezza, sembra un paradosso per una patologia indotta dalla mancanza di tutela sia dell’una che dell’altra.
Noi vorremmo che questa giornata non servisse solo a “ricordare” le vittime , ma che fosse l’occasione per mettere a fuoco i tanti problemi irrisolti con tutto ciò che riguarda l’amianto ed i suoi effetti patologici.
Bonifica, mappature, piani per lo smaltimento, discariche sono più di vent’anni che se ne discute e sia pur con ritardo ,la legge istitutiva è del 1992, la nostra regione ne ha adottato il Piano Regionale Amianto.
Faticosamente ,grazie alle lotte di una cittadinanza sempre più attiva, si è riusciti ad imporre che nel sito d’interesse nazionale (S.I.N.) Fibronit non si costruisse e che si ponessero le basi per un grande Parco, che con l’auspicio di tutta la popolazione, verrà chiamato della Rinascita .
Giuseppe Armenise nel suo primo Romanzo ” Pane e Amianto,girotondo di una città sopra un milione di vite” ha ben presente il dramma di operai e cittadini che vivevano attorno alla fabbrica e che per anni hanno respirato l’aria contaminata dalle fibre cancerogene dell’amianto . Il cronista puntuale in quest’opera prima lascia il posto allo scrittore e racconta “ a futura memoria” e mai come in questo caso, per dirla con Leonardo Sciascia, ” la memoria ha un futuro “ poichè narra di una vicenda, la fibronit di Bari , che ha toccato e continua a toccare la carne viva dei suoi abitanti.
Ci sono voluti l’impegno amministrativo di questi ultimi nove anni perché si ponessero le basi per poter scrivere la parola fine alla vicenda Fibronit, ma con la bonifica,purtroppo, non si pone fine al dramma di coloro i quali ne sono coinvolti o che lo saranno. A questa sofferenza, attuale e futura, i regolatori dovrebbero dare risposte specifiche e mettere in atto tutta una serie di azioni affinché non se ne perpetuino gli effetti patologici.
Allo stato attuale la nostra legislazione configura vittime di prima serie e seconda serie. Si riconosce poco ,in rapporto alla perdita di una vita umana, agli esposti di tipo “professionale” e nulla a coloro che perdono la vita a causa di una esposizione di tipo “ambientale”. Ora essendo bandita la lavorazione dell’amianto e, sulla carta, l’esistente dovrebbe essere smaltito, sempre più gli esposti di tipo ambientale saranno in soprannumero rispetto a quelli di natura professionale aggiungendo, alla paritaria sofferenza, la beffa di nessun tipo di azione risarcitoria.
La consapevolezza del rischio amianto ,gli effetti patologici stratificati nel tempo che questo comporta, non è a tutti chiaro ed è qui che la cittadinanza attiva gioca un ruolo essenziale per l’opera di sensibilizzazione . La latenza della malattia sminuisce l’emergenza sanitaria, i morti diventano “invisibili” tanto che l’esigenza di eliminarne le cause o di approntare delle ricerche scientifiche per trovare una cura passano in secondo piano. Spesso gli amministratori, per non creare allarmismi, non hanno il coraggio di chiamare le cose con il loro nome ,il fenomeno viene ovattato.
Il caso della Fibronit in questo senso è paradigmàtico , s’è fatto in questo caso il girotondo delle parole : a tutt’oggi non esiste una dicitura che evidenzi la presenza dell’amianto , così facendo le vittime del male d’amianto appaiono come se fossero colpevoli del male stesso.
Ed invece bisogna essere chiari e diretti anche nella campagna di sensibilizzazione:
“eliminare l’amianto prima che l’amianto elimina te!”
La battaglia contro l’amianto dovrebbe essere intrapresa tutti i giorni denunciando le località dove questo viene abbandonato o è situato poiché la tutela della Salute non è barattabile con il quieto vivere o con il ricatto dell’occupazione e degli interessi economici in generale.
Un discorso a parte merita la ricerca sul mesotelioma dove persistono criticità che non si affrontano con l’urgenza e competenza necessaria.
Fino a poco tempo fa ,il mesotelioma era considerata una malattia rara, i finanziamenti che la ricerca riceveva erano residuali perché da dividere con il finanziamento alla ricerca di altre patologie rare.
La ricerca ha puntato molto sui dati epidemiologici e poco sulla ricerca preclinica e clinica e quel poco è stato finanziato da Fondazioni private che a loro volta hanno finanziato gruppi di ricercatori su singoli progetti.
Sull’onda della risonanza mediatica del Processo Eternit si è organizzata la 2a conferenza governativa sull’amianto dove la ricerca clinica è risultata molto deficitaria puntando più sulla problematica inerente alla individuazione dei siti, dello smaltimento e della bonifica, problemi sicuramente importanti, ma che poco aiutano chi malauguratamente si trova coinvolto nella malattia.
Tenuto conto che il picco della malattia è prevista nel 2020 nel mondo i tumori da amianto stanno effettivamente avendo una impennata sia nel numero dei gruppi che se ne occupano sia nella qualità della ricerca condotta.
Tutto ciò al di fuori dell’Italia, anzi paradossalmente idee e ricerche italiane per mancanza di fondi sono costretti a farsi finanziare da altri stati quali l’Australia ,Stati Uniti e Canada con il risultato che i nostri ammalati non possono aderire ed usufruire di queste sperimentazioni cliniche.
In conclusione il miglior modo per ricordare le vittime dell’amianto é farsì che tutti gli sforzi vengano indirizzati alla ricerca di una cura ,e fare in modo che i tentativi di sperimentazioni cui gli ammalati si sottopongono non sia fine a se stesso ma che possano avvantaggiarsene coloro i quali si ammaleranno in futuro, dimodochè rimangano “vivi” e non rientrare nel freddo numero delle statistiche del Registro Nazionale Mesoteliomi.
A loro va il nostro pensiero.
Lillo Mendola