“Prima della diagnosi potevo avere solo una vaga idea di quello che l’amianto poteva procurare, solo dopo ho saputo che era molto pericoloso… ho saputo che i forni della pasticceria erano rivestiti da amianto [il padre era un pasticcere], l’avevano cominciato a capire tardi che l’amianto faceva male…
Dal ‘71/’72 ho vissuto sempre a Japigia, in viale Magna Grecia, prima abitavo in centro… non ho mai lavorato con l’amianto, io faccio, o meglio, facevo il rappresentante di pasticceria… […]
Quando mi hanno detto che avevo il mesotelioma mi sono sentito morire, era la fine. Adesso cerco di viverla serenamente… più di tanto non ci penso… che cosa bisogna fare? […] Se uno ci pensa è peggio…
Se qualcosa deve succedere, succede.
Perché se uno inizia a pensare… tante cose salgono alla mente, i pensieri corrono… uno che è cosciente di quello che ha non può fare a meno di non pensare… anche se dice, d’accordo, non ci penso, ma quando vai a dormire ci pensi eccome… […]
A me vengono certi sogni strani… per esempio, l’altra notte ho sognato che veniva uno da dietro e per salutarmi mi dava una pacca sulla spalla… mi sono svegliato, ho provato un certo dolore.
Sai da quando mi hanno operato, quella parte del corpo è molto sensibile, se mi tocco io non ho fastidio, ma se mi tocca qualcun’ altro sento una fitta… ho sempre paura che qualcuno mi urti, per questo evito di stare in mezzo alla folla. […]
E’ uno stralcio dell’intervista che Lillino ha rilasciato ad una ragazza , Agata Mazzeo, per la sua tesi di laurea “ Indagine antropologica sull’esperienza di malattia provocata dall’esposizione ambientale all’amianto. Il caso Fibronit di Bari.”
E Lillino come sempre, quando si trattava di sensibilizzare sugli effetti patologici dell’amianto ,era in prima fila, come pure quando c’era da consolare ed incoraggiare coloro i quali , purtroppo non sono pochi, viene diagnosticato un mesotelioma, tumore indotto e provocato dall’amianto.
E’ stato uno dei fondatori dell’associazione ed ha partecipato fino all’ultimo, s’ interessava della situazione della Fibronit responsabile della sua malattia come quella di tanti baresi che hanno avuto la sfortuna di avervi lavorato o di aver vissuto nelle vicinanze.
Ha affrontato la malattia con coraggio e fino all’ultimo ha mostrato la sua fibra di combattente.
Ha lottato ed aiutato gli altri, si è sottoposto a cure demolitive anche perché in questo modo era consapevole di aiutare la Ricerca, affinché altri potessero trarne vantaggio.
Ha lottato anche contro la burocrazia che sempre più spesso aggiunge problemi a quelli che un ammalato di tumore già ha, per il riconoscimento della sua invalidità .
“ Quasi quasi per accontentarli mi facevo tagliare una gamba, oltre ad avermi fatto togliere un polmone”,
così dicendo cercava di sdrammatizzare la sua condizione di sofferente a cui non volevano riconoscergli l’accompagnamento.
A modo tuo la battaglia contro il mesotelioma l’hai vinta Lillino, ora puoi respirare senza l’assillo che qualcuno ti dia una pacca sulla spalla, non hai più paura che qualcuno ti urti, puoi camminare felice in mezzo alla folla.
Ti abbracciamo e ti ricorderemo sempre, continuando la tua lotta contro l’amianto e per la ricerca di una cura.
Ciao Lillino, dove sei ora troverai l’abbraccio e la comprensione di Angela, di Lilli, di Lucia, di Grazia, di Elsa, di Ernesto ,di Gennaro ,di Vito ,di Salvatore ,di Antonio , di Michele e di tutti gli altri con i quali abbiamo avuto l’onore di percorrere insieme un tratto di cammino e di cui custodiremo un dolce ed intenso ricordo.