Si è tenuto a Bari il 29 e 30 gennaio 2015 la terza consensus conference sul mesotelioma maligno della pleura patrocinata dall’associazione italiana oncologi medici ( AIOM) e con il “contributo incondizionato” (sponsorizzazione) di tre famose case farmaceutiche la Lilly, Bristol-Myers Squibb e Boehringer Ingelheim. La prima conferenza si è svolta a Bologna nel 2008 , la seconda a Torino nel 2011 con l’intervallo della conferenza governativa sull’amianto del 2012 tenutasi a Venezia.
Nell’introdurre l’importanza dell’evento che si tiene ogni tre anni circa, i due presidenti il Dr. Carmine Pinto dell’AIOM e Prof .Giorgio Scagliotti coordinatore della Rete organizzativa nazionale per la promozione della comprensione dei fenomeni molecolari, l’ottimizzazione dei percorsi diagnostici e terapeutici e gli studi clinici sperimentali per il mesotelioma maligno della pleura hanno evidenziato che la terza conferenza di consenso sul mesotelioma nasceva proprio sulla scia della conferenza governativa sull’amianto di Venezia voluta fortemente dall’ex Ministro della Salute On. Renato Balduzzi ed era un momento professionale di unione che ne metteva in risalto l’aspetto multidisciplinare. Quello di Bari era un evento terminale che culminerà in raccomandazioni cliniche precise sulla più infausta patologia asbesto- correlata: il mesotelioma pleurico.
La scelta di Bari, come luogo d’incontro, ci sembrava potesse in una qualche misura colmare un deficit insito nella “costruzione” di questa rete organizzativa che prevede cosiddetti “centri di riferimento” da Roma in su e solo in 7 regioni su 20. La nostra regione, la Puglia, ne è rimasta esclusa nonostante l’alta incidenza della patologia riscontrate a Bari con il sito d’interesse nazionale (S.I.N.) Fibronit ed a Taranto dove gli ultimi rapporti SENTIERI (acronimo di Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori ed altri Rischi) hanno visto incrementi del 400 per cento del mesotelioma dovuti all’utilizzo dell’amianto nei Cantieri Navali, Arsenale Militare e non ultimo l’Ilva la cui pericolosità ambientale e sotto gli occhi di tutti.
Man mano che la parte pubblica della manifestazione procedeva come da programma ci rendevamo conto che la stessa si sarebbe potuta tenere in qualsiasi altro posto poiché continuava secondo un copione ben collaudato nei precedenti consèssi: dopo l’introduzione della epidemiologia del mesotelioma in Italia si è parlato della “lezione di Casale Monferrato” e dei mesoteliomi dovuti alla fluoro-edenite a Biancavilla in provincia di Catania.
Ci aspettavamo di sapere della “dimensione” del problema in Puglia, ci aspettavamo che alla Prof.ssa Marina Musti, responsabile del nostro Centro Operativo Regionale (C.O.R.) Renam Puglia, dessero la parola per evidenziare con i numeri l’emergenza che sta vivendo la nostra regione il cui picco e sempre più spostato nel tempo e sottolineare che il problema è nazionale e riguarda tutte le regioni visto l’uso che se ne è fatto in Italia di questo materiale killer.
In scaletta veniva il turno dell’ex Ministro della Salute Balduzzi cui i congressisti non hanno lesinato elogi ma lo stesso ha preferito intervenire per ultimo prendendosi il compito di tirare le somme della giornata di presentazione.
Lo scopo per cui si svolgono queste conferenze di consenso oltre a quello dello scambio d’idee fra operatori che si occupano della Patologia nei diversi aspetti è anche quello d’informare pazienti e familiari circa i progressi raggiunti dalla comunità scientifica ed in particolare se ci siano novità sul percorso terapeutico e se ci siano possibilità di addivenire in tempi brevi ad una cura o quantomeno se vi siano trials promettenti che vanno in quella direzione.
Il ”manuale metodologico” <<Come organizzare una conferenza di consenso>> edito dal Sistema Nazionale delle Linee Guida così recita : “Le conferenze di consenso rappresentano uno degli strumenti disponibili per raggiungere, attraverso un processo formale, un accordo tra diverse figure rispetto a questioni sanitarie particolarmente controverse e complesse, favorendo la scelta di orientamenti il più possibile uniformi nella pratica clinica nell’ottica di fornire ai pazienti la migliore qualità di cura in rapporto alle risorse disponibili. Perché la conferenza di consenso diventi uno strumento che allarga il confronto su questioni di salute che interessano gli utenti, è indispensabile che i pazienti, i cittadini e/o i loro rappresentanti siano coinvolti nel suo sviluppo, con modalità e livelli di partecipazione che possono variare a seconda del tema oggetto di discussione.”
In Italia il concetto di conferenza di consenso è soggetto a varie interpretazioni, che spesso portano alla produzione di documenti – definiti “di consenso” – ma in realtà rappresentano semplicemente una presa di posizione autoreferenziale da parte di un gruppo di esperti. Dispiace dirlo ma l’impressione percepita almeno nella parte pubblica, in quanto la sezione essenzialmente medica è rimasta nell’alveo degli addetti ai lavori, la si è avuta anche qui a Bari. Vorremmo tanto che le raccomandazioni dei vari gruppi di lavoro segnassero un cambiamento di rotta nell’approccio alla malattia, che le evidenze trovate in laboratorio, se effettivamente cercate, venissero portate nella pratica clinica poiché i pochi finanziamenti statali per la ricerca sul mesotelioma sono stati erogati a “questo” gruppo di esperti. Non ci sembra però che, allo stato attuale, abbiano prodotto nuove sperimentazioni o se ci sono difettano nella comunicazione nonostante in sede di assegnazione del progetto di costituzione della rete “nazionale” il Quaderno della Salute numero 15 prevedesse che “al fine di facilitare il processo di disseminazione dell’informazione ai professionisti coinvolti ed ad altri centri nonché ai pazienti si prevede l’apertura di un sito web appositamente dedicato.”
Non è che prima della costituenda rete non ci fosse niente, esisteva e persiste una rete di ricercatori facenti parte al GIMe (Gruppo Italiano Mesotelioma), che aveva partecipato alla prima consensus conference di Bologna e che ha prodotto con l’aiuto di fondazioni private dei trials promettenti, che seppur non suffragate dalla significatività statistica, meritava di essere ampliata e sostenuta anche dai finanziamenti pubblici e nonostante abbia avuto riconoscimenti e pubblicazioni nei consessi internazionali non sono stati invitati . Penso ai riconoscimenti ottenuti all’ IMIG( International Mesothelioma Interest Group) che riunisce ricercatori di tutto il mondo ed organizza una manifestazione che si tiene ogni due anni, l’ultima a Città del Capo nel 2014 e la prossima nel 2016 a Birmingham (U.K.), penso alla partecipazione nei convegni del MARF (Mesothelioma Applied Research Foundation ) un’associazione americana formata da pazienti e familiari che si occupa di raccolta fondi e la messa la bando dell’amianto negli USA che ha erogato più di dieci milioni di dollari nella ricerca ed organizza convention “con” e “per” familiari e pazienti . Ricercatori che hanno collaborazioni e rete di relazioni internazionale ma che, in Italia, sono oggetto di ostracismo. Noi pensiamo che la collaborazione ed il confronto fra ricercatori sia essenziale proprio per favorire la scelta di orientamenti il più possibile uniformi nella pratica clinica e nell’ottica di fornire ai pazienti la migliore qualità di cura in rapporto alle risorse disponibili.
Da più parti si dichiara che «l’Italia è al vertice della task force europea per la sorveglianza attiva dell’amianto» noi ci chiediamo come lo possa essere se non vengono intessute relazioni con quegli organismi internazionali che si occupano precipuamente della patologia , se non si considerano i ricercatori che fanno parte di network internazionali che si occupano di nuovi marcatori prognostici e target terapeutici , non è ignorandoli che si fa il bene degli ammalati , si dovrebbero ,invece , trovare convergenze e mettere da parte diatribe professionali pensando che ogni giorno che passa lo sguardo delle persone ,a cui lentamente viene a mancare il respiro, è rivolto alla ricerca che dovrebbe essere prioritaria rispetto anche ai risarcimenti e alla sacrosanta richiesta di giustizia.
L’argomento Giustizia è stato sviluppato dal Procuratore di Torino Raffaele Guariniello il quale trattando il tema : “ A che punto siamo nel controllo dei rischi” lasciava trasparire tutta l’amarezza per la recente sentenza della Cassazione sul Processo Eternit che sul concetto di disastro ambientale ha vanificato, con la prescrizione del reato, il lavoro di anni del pool da lui istituito : la produzione di 220.000 pagine dell’ atto di accusa.
Suggerendo un inasprimento del regime sanzionatorio, l’istituzione di un Pubblico Ministero Europeo onde facilitare le rogatorie internazionali e la costituzione di una Procura Nazionale sugli Infortuni e le malattie professionali perché è necessaria la specializzazione. Allo stesso tempo agli esperti suggeriva di non intaccare l’imparzialità e terzietà, evitando il conflitto d’interesse del tipo oncologi preposti alla cura della malattia, che siano al contempo consulenti di case farmaceutiche.
La prima giornata del consensus si è conclusa con una tavola rotonda dal titolo strategia di controllo e garanzie di diritti cui per il protrarsi dei relatori precedenti è rimasto solo il tempo di una riflessione ad alta voce, il direttore regionale Inail Giovanni Asaro ha sottolineato che la legge di stabilità prevede il riconoscimento non solo per gli esposti di tipo professionale ma anche per gli esposti di tipo ambientale solo che al momento mancano i decreti attuativi ,da parte nostra abbiamo sottolineato che, quando e se questo fosse avvenuto, si eliminava una discriminazione fra soggetti che per la stessa causa , l’aver respirato l’amianto, erano decedute e che spesso l’Inail o il suo ufficio legale aveva difficoltà a riconoscere l’esposizione di tipo professionale anche quando la stessa azienda assicurata ,affermava di avere “esternalizzato” il lavoro di bonifica degli ambienti contaminati.
Il presidente del Fondo Vittime Amianto Nicola Pondrano sottolineava che quest’apertura ad eliminare le differenze di trattamento fra esposti e fare in modo che non fosse più intesa come una forma di indennità aggiuntiva è stata raggiunta grazie alle lotte e alla mobilitazione della Città di Casale Monferrato . Dispiace che in questo contesto non si siano invitati, gli ex operai Fibronit superstiti, facenti parte dell’ANMIL e gli esponenti del Comitato Cittadino Fibronit che tanto si sono battuti per la sensibilizzazione del problema amianto e la messa in sicurezza del sito. Avrebbero potuto testimoniare come gli operai della Fibronit di Bari hanno dato un notevole contributo alla messa al bando dell’amianto fin dagli anni 70 ” i dipendenti hanno impostato, sul piano sindacale rivendicativo, il problema della Salute sul posto di lavoro e sostenuto lotte durissime culminate nel gennaio-febbraio del 1972, in agitazioni, assemblee e scioperi, che hanno registrato l’unanime adesione dei lavoratori” come recita un ricorso all’ allora Pretore Dr. Vincenzo Binetti fatto da 128 operai ,organizzazioni sindacali rappresentati dai loro avvocati.
Il processo Eternit ha avuto una grande visibilità mediatica ma ciò che ha fatto clamore è stato sia il risvolto penale della vicenda giudiziaria, con la configurazione non accolta del disastro ambientale permanente, sia il risarcimento milionario riconosciuto alle famiglie con le condanne comminate nei primi due gradi di giudizio. Le azioni giudiziarie fatte a Bari, dei veri e propri processi pilota in Italia, non hanno avuto la stessa eco in quanto la Fibronit è stata dichiarata fallita vanificando richieste di risarcimento a cui le famiglie segnate dall’amianto avrebbero diritto. Infine Bruno Pesce del Comitato Vertenza Amianto ha sottolineato come a Casale i fondi derivanti dalle transazioni effettuate da chi non ha proseguito le cause legali ,un milione e mezzo di euro su quattro milioni e mezzo accantonati, siano andati alle strutture pubbliche per fare ricerca e stabilizzare il personale dell’Unità funzionale interaziendale mesotelioma(UFIM ) costituito fra L’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Casale e l’ASL di Alessandria ,speriamo che questi portino i risultati che le popolazioni coinvolte negli effetti patologici dell’amianto si aspettano.
Lillo Mendola
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